Tre Progetti, tutti Speciali. Si può sintetizzare così il programma del 16 giugno nell’ottava giornata del Campania Teatro Festival.

Al Teatro Grande di Pompei alle ore 21.00 andrà in scena la prima assoluta di “Clitennestra”, tratto dal romanzo di Colm Tóibín “La casa dei nomi” con l’adattamento e la regia di Roberto Andò, in replica il giorno successivo alla stessa ora.

“Leggendo il romanzo di Colm Tóibín – racconta il regista – ho provato una grande emozione, e alla fine, quasi senza accorgermene, mi sono sorpreso a fantasticare sulla possibilità di mettere in scena il personaggio più grandioso che vi è narrato, Clitennestra. Una figura che nell’Odissea è presentata come l’anti-Penelope, il prototipo della donna infedele e assassina. La stessa che quando Ulisse scende nel mondo dei morti e si imbatte nel fantasma di Agamennone è qualificata con l’appellativo di “perfido mostro”. Invece, nell’Orestea di Eschilo, Clitennestra è una regina assetata di potere, autrice di una vendetta che si prolungherà oltre la morte. Essa uccide il marito Agamennone che, oltre ad infliggerle gravissimi torti, aveva sacrificato in nome della guerra sua figlia Ifigenia ed è uccisa a sua volta dal figlio Oreste, che perseguita da morta fino al delirio. «Riabilitata» da filosofi e scrittrici, Clitennestra è rimasta a lungo il prototipo dell’infamia femminile. La sua vicenda è giunta a noi soprattutto grazie all’Orestea, la trilogia (Agamennone, Coefore ed Eumenidi) in cui Eschilo, nel 458 a.C., celebrò la fine del mondo della vendetta e la nascita del diritto. Nel romanzo di Tóibín, la tragica storia di rancore e solitudine, di sangue e vendetta, di passione e dolore è narrata da tre punti di vista, ma soltanto le due donne, Clitennestra e Elettra, raccontano in prima persona e la loro voce è decisamente la più drammatica. Chi conosce Tóibín sa che egli compone in ogni suo libro una drammaturgia del dolore e della perdita ed è interessato al silenzio che si crea attorno al dolore, alla vita di donne sole che portano con sé il peso di un trauma. Voci che parlano col timbro speciale conferitole della violenza subita. Se Clitennestra ci è stata tramandata come un personaggio essenzialmente negativo, qui finalmente si trovano dispiegate le sue ragioni umane. Ed è ciò che mi ha attratto di questo testo, per il quale ho subito individuato una interprete straordinaria come Isabella Ragonese. Un’attrice in grado di esaltare e modulare i toni complessi, ed emotivamente risonanti, di Clitennestra. Tóibín non dà giudizi, accoglie la potenza emotiva che scaturisce da questo personaggio e ne esplora le azioni confrontandole con le parole che adopera per far luce nel buio della sua interiorità danneggiata. Ne nasce un teatro di ombre, di voci, di fantasmi, che si muove dentro e fuori: dentro, tra i labirinti della mente, fuori in un luogo senza tempo dove vivi e morti dialogano senza requie.”

Il palco del Teatro Trianon Viviani di Napoli ospiterà invece alle ore 20 “Disadirare. Un’altra Iliade”, protagonisti i giovani attori dell’Istituto Penale per Minorenni di Airola (BN), le studentesse dell’I.I.S.A.M. De’ Liguori di Sant’Agata De’ Goti (BN) e con Gianluigi Signoriello e Paola Maria Cacace. Una drammaturgia di Adriana Follieri, che è anche regista dello spettacolo, in collaborazione con Fabrizio Nardi. “I personaggi mutuati dall’Iliade – spiega la Follieri- attraversano la lunga notte e il giorno che si appresta a nascere. Le singolarità, anime trasparenti e bellissime, vengono accompagnate dalla voce molteplice del coro. La scena è quella di un mondo che cambia forma: un quadro di Escher abitato dai personaggi di Guttuso.

Accampamento e casa si mescolano. Superata ogni battaglia ‘contro’ si combatte ‘per’, attraverso l’ira per potersi finalmente DISADIRARE: eroi per pace conquistata. Con fiducia nel futuro e nel presente la compagnia mista con attori detenuti edifica una nuova realtà, alternativa a quella brutale che l’esterno ci pone come specchio. C’è il fascino della guerra e lo slancio adolescente di presunte immortalità, ma in quest’altra Iliade è piuttosto l’estetica delle amicizie a sedurci, il dialogo di passioni corrisposte in esercizio di coraggio, trasparenza, consapevolezza. Occorre passare attraverso la paura per non cadere, passarci attraverso per sperimentare la fiducia: fede di credere a ciò che non si vede e che pure c’è. “La speranza è nell’invisibile”. È il teatro, questa vertigine di vita che scavalca la morte”. Lo spettacolo, che si avvale delle musiche originali di Luca Caiazzo, in arte Lucariello, è parte integrante del progetto nazionale di CCO – Crisi Come Opportunità “Presidio culturale permanente negli Istituti penali per minorenni”, realizzato grazie al sostegno di Fondazione Alta Mane, Fondazione San Zeno e Fondazione Con il Sud. Il progetto è svolto in collaborazione con la direttrice dell’Ipm di Airola Marianna Adanti, il comandante e il personale di polizia penitenziaria e tutti gli educatori ed educatrici dell’istituto.

Un messaggio di speranza a chi ha sbagliato, perché trovi la forza di rialzarsi e ritentare, arriva anche da “La Fuga”, il film di Renato Salvetti che sarà proiettato alle 21 nello spazio antistante il Palazzo Coppola di Valle/Sessa Cilento (Sa), con replica alla stessa ora del 17 giugno.

La storia di un furto che, pur affrontando il tema della legalità, non distingue tra buoni e cattivi, ma con occhio benevolo guarda alla fragilità umana e ai condizionamenti che possono indurre chiunque di noi a sbagliare. Diciotto i minori coinvolti nel lavoro cinematografico, dopo aver partecipato per 7 mesi ai laboratori diretti dalle attrici Franca Abategiovanni e Marina Sorrenti. Il progetto, a cura della Compagnia Cilento, è prodotto dall’Associazione Culturale Articolart e ha come direttore della fotografia Davide Aronica. Sul sito campaniateatrofestival.it sono consultabili le promozioni ed è possibile acquistare i biglietti per gli spettacoli.

Il Campania Teatro Festival, parte rilevante della rete Italia Festival e dell’EFA (European Festival Association), è finanziato dalla Regione Campania e si avvale anche di un contributo annuo del Ministero della Cultura per il suo schema multidisciplinare.